Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, siamo qui oggi a discutere un provvedimento, insomma un decreto che si aggiunge agli altri decreti fin qui emanati, che li raccoglie in sé, che sviluppa, ancora di più, un'azione di ristoro in corso dall'ottobre di quest'anno e, quindi, un decreto di ulteriore portata, insomma, che diciamo riordina e reindirizza tutte le azioni che da mesi cerchiamo di fare a sostegno della varietà di esigenze, della moltitudine di bisogni, delle tante sfaccettature che emergono in questa fase di crisi profonda legata alla pandemia. Noi siamo di fronte a un intervento straordinario, perché siamo chiamati a intervenire secondo modalità di urgenza, immediatezza, appropriatezza, dettaglio, ampiezza degli interventi. Quindi, stiamo parlando di un'azione politica a mio parere molto complessa per vastità e per dettaglio che devono essere contenuti all'interno di un decreto. Abbiamo affrontato a settembre il tema di recuperare, col primo “decreto Ristori” di ottobre, le risorse che non erano state spese con i decreti precedenti, i decreti “Agosto” e “Cura Italia”. Li abbiamo riorganizzati in funzione di nuove esigenze e abbiamo indirizzato i primi interventi di ristoro su 73 codici Ateco, se non sbaglio, che erano la prima fotografia di un mondo delle imprese a cui offrire immediato ristoro. A ottobre siamo passati a 130. Abbiamo allargato la platea delle imprese col secondo decreto. Mi rendo conto che sui codici Ateco c'è una questione e io sono anche d'accordo su questo, cioè nel senso che è una fotografia obsoleta del settore produttivo che non raccoglie la dinamica di cambiamento, l'articolazione, l'integrazione sempre maggiore, le sfumature che il nostro settore produttivo ha avuto negli ultimi anni, ma questo è il punto di riferimento che abbiamo avuto per andare incontro alle imprese. Poi, col “decreto-ter” abbiamo aiutato le regioni e i comuni e adesso con questo ultimo siamo a disporre una copertura finanziaria di aiuto finanziario di grossa portata, di 9 miliardi se non sbaglio, e ci prepariamo per un nuovo “decreto Ristori”. Qual è la questione di fondo che è legata a questa azione di ristoro? È che noi stiamo cercando di fotografare in maniera del tutto inedita la realtà di questo Paese. Siamo andati a cogliere delle sfumature che non erano nemmeno segnalate, che erano nascoste, debolezze e fragilità. Devo dire che su quanto ho sentito dire, cioè che ci si aspettava un decreto organico, predisposto e rispondente, questo non è possibile farlo con un “decreto Ristori”, perché invece la funzione che ha un “decreto Ristori” è quella di diventare leva, di sollevare, di raccogliere tutto un insieme di cose che emergono mano a mano che si va avanti con la crisi. Cioè, non è che noi abbiamo una crisi che è data nell'intensità da febbraio a oggi; noi abbiamo una crisi che si accumula giorno per giorno e che cambia intensità anche a seconda della durata. Ci sono settori che stanno accumulando la crisi sulla crisi ogni mese: penso ai servizi, penso al turismo, penso ai bar, ai ristoranti, settori in ginocchio se non addirittura in qualche caso estinti. Quindi, non è possibile fotografare un bisogno né a ottobre né oggi per gennaio o febbraio. Per lo meno, si può fotografare un bisogno, ma quantificarlo è difficile. Non sappiamo qual è l'accumulo della gravità della crisi che alcuni settori dovranno portare. Quindi, io penso che l'operazione che è stata fatta con questo “decreto Ristori” è stata quella di raccogliere, accogliere, andare anche a scovare bisogni che sono emersi mano a mano. Sono stati fatti provvedimenti del tutto inediti, si è cercato di avere un'ampiezza di copertura a mio parere difficilmente vista prima con degli interventi.
Quindi, è inutile cercare una visione sistematica di questi decreti; cerchiamo di capire la rispondenza che di volta in volta abbiamo avuto sull'infinità di articoli che sono presenti in questi decreti. Una quantità, un dettaglio, una vera difficoltà. Che cosa viene fuori dalla fotografia che questi decreti ci permettono di avere? E parlo di una fotografia perché noi stiamo sostenendo, in alcuni casi, una fotografia del Paese che abbiamo fissato a febbraio, anzi a marzo. Noi non sappiamo, una volta che smetteremo di avere i “decreti Ristori”, quanto del Paese che abbiamo fotografato con questi decreti è economia reale o è in realtà economia sostenuta da questi decreti. È per questo che è complesso quello che stiamo facendo. È vero che non possiamo far altro, non possiamo far altro che sostenere l'Italia per quella che era a febbraio del 2020 e cercare di traghettarla.
È vero che abbiamo messo anche elementi di sostegno alla prospettiva: da una parte teniamo in vita qualcosa che speriamo che viva oltre la crisi, dall'altra cerchiamo di dare respiro su quelle che sono delle luci di prospettiva che i settori possono avere. Penso all'internazionalizzazione, abbiamo bisogno di capire come stare sul mercato globale cambiato da questa crisi pandemica. Penso alle fiere: se pensiamo alla crisi delle fiere in Italia, è una cosa di portata profondissima. Che cosa saranno le fiere dopo la crisi COVID non lo sappiamo, hanno avuto un impatto tremendo. Il turismo: quanto tempo impiegheremo per riavere i flussi turistici che ci permetteranno di dire “bene, ora non c'è più bisogno di ristoro” e che tipo di turismo avremo alla fine di questa crisi, perché questa crisi sta cambiando il mondo in termini quantitativi, ma anche qualitativi. Avremo le stesse orde di turismo a Venezia che avevamo fino all'inizio di quest'anno o avremo un turismo diverso? Questo noi non lo sappiamo, però con i “decreti Ristori” siamo riusciti a arrivare laddove e a sostenere anche situazioni di estrema fragilità, magari forse anche che non hanno prospettiva, ma in questo momento noi teniamo il Paese insieme e lo teniamo vivo, e questa è la funzione importante.
Lo abbiamo potuto fare solo con una serie di provvedimenti che si sono sommati l'uno sopra l'altro in una concezione di progressione, progressiva, rispondente di volta in volta alle esigenze che emergono. Noi ancora non sappiamo bene qual è la portata di questa crisi e non possiamo arrivare con un approccio preordinato. Abbiamo fatto interventi di vario tipo, abbiamo dato crediti d'imposta, bonus, fondo perduto, abbiamo sostenuto tutti i settori, abbiamo messo in campo una varietà di strumenti inedita, per lo meno tutta insieme negli stessi decreti. Proroghe di versamenti, rinvio di scadenze fiscali, esenzioni da versamenti, indennità, contributi a fondo perduto, fondi di sostegno per particolari situazioni di difficoltà che diversi settori, anche piccoli, stanno attraversando, crediti d'imposta, allungamenti di cassa integrazione, bonus particolari, finanziamenti a cittadini e imprese per il rilancio dell'economia, fondi alle regioni e ai comuni, bonus, congedi parentali, redditi di emergenza, sostegni al settore agricolo, sport, cultura, Terzo settore: questa è la vastità degli strumenti che abbiamo dovuto concentrare all'interno di decreti, concentrare questi strumenti e articolarli a misura su vari settori.
Allora dico che questi decreti hanno una valenza immediata, e stiamo nell'ordine del possibile, che è stata la vicinanza dello Stato nell'ordine del possibile, il più possibile, alla società reale. Mi spiace, gli strumenti erano quelli, gli Ateco e via dicendo, ma penso che siamo andati anche oltre, che siamo riusciti a volte anche a fotografare più di quanto ordinariamente era il quadro del Paese che avevamo prima. Ma certo è che da questi decreti emerge una fotografia del Paese per cui vorrei che nelle azioni - penso al Recovery Fund, penso alle politiche che andremo a fare nei prossimi anni - si partisse da lì, dalla fotografia reale del Paese che questi decreti sono riusciti a comporre durante questo percorso da ottobre a oggi. Noi non dobbiamo più immaginarci un Paese secondo luoghi comuni internazionali.
Noi, se andiamo a vedere bene dentro questi decreti, vediamo quelli che sono i punti di forza e i punti di debolezza di questo Paese, e penso, voglio, spero, insomma ci impegneremo tutti, anche come Partito Democratico, a partire da lì, nel senso che, quando andremo a fare azioni per rimettere questo Paese in piedi, vedremo quello che c'è e quello che non c'è e da lì ripartiremo, ripartiremo dalle potenzialità reali di questo Paese. Quindi, a mio parere, il valore di questi decreti è quello di avere avuto una forte vicinanza nei confronti dell'Italia, dei tanti italiani in difficoltà, ma anche quello di fare emergere un'inedita fotografia del Paese che andrà seguita nel prossimo “decreto Ristori” e che, secondo me, deve trovare cittadinanza nelle strategie del Recovery Fund. Penso ai servizi, così come penso alle tante imprese che hanno bisogno di supporto per tornare a crescere. Mi voglio permettere una citazione molto importante, che riprende un intervento di questi giorni fatto dal Governatore e dal presidente Draghi: noi dobbiamo pensare a qualsiasi cosa facciamo in una doppia chiave, dobbiamo pensare al Paese in una doppia chiave, alla sua fragilità reale, alla sua reale essenza, cioè come siamo fatti, come è fatto questo Paese, e come possiamo spendere soldi per questo Paese in termini di crescita sociale, economica e civile. Penso che, oltre alla prontezza e all'efficacia di questi “decreti Ristori”, sia emerso all'interno di questi “decreti Ristori”, del dibattito e dell'analisi che è stata fatta una fotografia che ci permetta di spendere domani un euro per guadagnarne uno e venti. Con uno ripagheremo il debito e con venti rifaremo la crescita.